La storia dell’uomo è una storia d’amore

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«Mi ispiro a Cristiano Ronaldo», afferma schiettamente Mohamed, diciottenne originario della Guinea, giunto in Sicilia attraverso una delle travagliate odissee migratorie che ad oggi investono il mediterraneo. Di corporatura esile ma con un carattere degno di un campione, mostra tutta la sua caparbietà quando durante una piacevole chiacchierata ci racconta la sua storia incredibile. «Il mio viaggio è nato da una decisione improvvisa. In estate avevo deciso di andar a trovare mio padre – giornalista esiliato dalla dittatura locale, n.d.r – che vive in Costa D’Avorio». Durante il ritorno in Gambia, però, un inatteso incontro: «alla stazione ho incontrato un vecchio amico che mi ha convinto a seguirlo in Algeria per trovare lavoro». Tra mille insidie e peripezie quello che doveva essere un semplice ritorno diventa una traversata inaspettata. “Scortati” dalla criminalità dei “viaggi della speranza” e in completa balia del proprio destino i due attraversano il deserto in piena notte e raggiungono la Libia. A quel punto la questione si fa semplice: chi non fosse stato in grado di soddisfare le richieste economiche dei “traghettatori” sarebbe rimasto lì e forse avrebbe pagato con la sua stessa vita. Mohamed e l’amico offrono ai mercenari il cellulare e pochi risparmi. «A Tripoli ci siamo separati, lui è andato via e io sono rimasto da solo». In preda alla disperazione, il giovane gambiano viene notato da una donna che si offre di ospitarlo per la notte: «Il giorno seguente mi portò da un’amica del luogo che cercava un giardiniere. Ero felice, pensavo di aver trovato un vero lavoro». Ma le speranze risultano vane. Il marito della donna, infatti, è un violento e picchia Mohamed con un bastone riducendolo in fin di vita. È chiaro, per lui non c’è più posto lì. «La stessa sera fui portato su un barcone; avevo un forte dolore alla testa… ricordo solo un grande trambusto. Dopo mi sono addormentato». Caduto in uno stato di incoscienza Mohamed si risveglia tra le acque del Mediterraneo, nel bel mezzo di un naufragio. Tratto in salvo assieme ai compagni di viaggio, viene portato in un centro di accoglienza nel messinese. Poi la fuga, verso qualcosa che non c’è: «Ho camminato per 5-6 ore senza una meta», ricorda.  Qui la storia di Mohamed si incrocia con quella di Giuseppe Messina, 48 anni, catanese, referente e fondatore di INSIEME ONLUS, associazione di volontari per l’accoglienza dei migranti. «Quando ci siamo incontrati lui era in gravi condizioni. Lo abbiamo subito considerato come un figlio e rimesso in sesto». In seguito alla permanenza in Italia il gambiano ha rapidamente imparato la lingua. «Oggi siamo fieri di lui perché si è pienamente integrato nella realtà locale e lavora con passione presso il nostro ristorante sociale». Anche la storia di Giuseppe, tutt’altro che comune, ha dei parallelismi con quella del ragazzo. «A 14 anni ho salutato i miei e sono andato via di casa, e pur vivendo in strada mi sono laureato. Chi “tasta” la difficoltà sulla sua pelle ha una marcia in più nel capire l’altro; pregi, difetti, sofferenza». Nelle strutture di INSIEME ONLUS vivono oggi, in armonia, oltre 150 persone. Sono soprattutto gli “invisibili”, coloro che hanno gravi problemi come ex detenuti, ragazze madri e portatori di handicap. «Sono convinto che la storia dell’uomo sia una storia d’amore. La mancanza di questo sentimento è il danno più grave che possa ricevere chiunque si definisca un essere umano» conclude Messina.

Paolo A. Pagano

 

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