Sciopero delle Guardie Giurate: “rasentiamo la riduzione in schiavitù”

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Oggi si svolge uno sciopero generale di tutte le Guardie Giurate per rivendicare il diritto al rinnovo del contratto nazione e protestare contro le inaccettabili richieste delle aziende del settore, come l’incremento delle ore di lavoro di 48 settimanali obbligatorie.

In tutta Italia dunque è in atto la mobilitazione delle guardie giurate italiane per lo sciopero nazionale per rivendicare il diritto al rinnovo del ccnl, scaduto da più di due anni, e per rivendicare condizioni normative e salariali più dignitose.

Diverse dunque le motivazioni alla base dello sciopero: una fra tutte l’innalzamento da 40 a 45 ore settimanali dell’orario di lavoro per le guardie già impiegate con turni senza limiti diurni e notturni per 365 giorni l’anno.

Ma anche l’utilizzo improprio di figure improvvisate e prestazioni occasionali in un settore che richiede grande specializzazione, e l’assenza di garanzie della continuità occupazionale, oltre al mantenimento delle condizioni normative ed economiche nei passaggi di cantiere e appalto (pubblico e privato).





Le aziende del settore infatti chiedono “l’estensione a 45 ore dell’orario normale di lavoro per le guardie impiegate nei servizi di vigilanza fissa, l’abbattimento della durata oraria settimanale minima del part-time, la riduzione del periodo di comporto utile ai fini della conservazione del posto di lavoro, la compressione delle modalità di fruizione dei permessi della legge 104/92, il superamento della copertura economica dei primi tre giorni di assenza per malattia, la perdita dei diritti in caso di passaggio di appalto e il giorno di riposo concesso ogni 14 giorni lavorativi”.

Scioperiamo per rivendicare il diritto al rinnovo del contratto e per condizioni normative e salariali dignitose. Le esigenze di sicurezza sono in aumento, il comparto è tutto sommato in salute; in aumento sono i servizi di pubblica utilità che anche nella nostra città svolge la vigilanza privata e malgrado questo la risposta della parte datoriale è una gara al ribasso sul costo del lavoro, poche certezze sulla continuità occupazionale e la richiesta di introduzione di forme di precariato insopportabili” commenta Marco Pascai, della segretaria provinciale Filcams Cgil Piacenza.

“È un settore, quello della sicurezza privata, che non può essere considerato un normale “appalto commerciale”. Le operatrici e gli operatori svolgono funzioni di pubblica utilità e servizi al cittadino: in questi anni il raggio d’azione della vigilanza privata è aumentato, complici anche servizi appaltati direttamente dallo Stato, ed è migliorato il livello qualitativo degli operatori. La vigilanza privata, argomenta Pascai, deve essere sullo stesso piano retributivo dei pubblici ufficiali.

Occorrono certezze salariali, la garanzia di continuità occupazionali nei casi – e sono parecchi – di cessioni o affitto di ramo di azienda nel comparto della vigilanza privata.

Sono i primi ad arrivare nei momenti critici, si tratti di sventare un furto o su un soccorso. La sicurezza, chiosa Pascai, si garantisce solo se gli addetti alla vigilanza e della sicurezza privata possono lavorare in condizioni dignitose e consone al rischio che devono prevenire”.

“È un comparto quella della sicurezza che rasenta la riduzione in schiavitù con 12 ore di lavoro al giorno” commenta un operatore del settore.

Maria Rosaria Nappa, sindacalista della Filcams Cgil di Salerno, sottolinea come rasentino una provocazione le proposte di istituti e aziende. “Vi è anzitutto la richiesta di aumentare l’orario normale di lavoro a 45 ore settimanali per il servizio di piantonamento, che è uno dei più faticosi e che maggiormente espone le guardie a ogni genere di rischio”, prosegue la sindacalista. “Ma addirittura, in un settore che praticamente vive solo di commesse in appalto, si chiede anche di non riconoscere le normali garanzie a favore della continuità occupazionale e il mantenimento dei diritti acquisiti nel passaggio da un’azienda a un’altra, riconducendo alla più completa precarietà lavoratori che compiono identiche mansioni pur cambiando continuamente ditta di appartenenza, spesso in appalti pubblici”. Maria Rosaria Nappa condanna, infine, anche

“il tentativo di ridurre indebitamente il costo del lavoro eliminando il pagamento dei primi tre giorni di malattia, oltre che l’indisponibilità a parlare di aumenti salariali, e altri ‘ritocchi’ delle attuali normative che riporterebbero il settore indietro di decenni”.

Tutte richieste che, secondo i sindacati e i lavoratori priverebbero le lavoratrici e i lavoratori di tutele e garanzie conquistati negli anni a prezzo di sacrifici, lotte e mobilitazioni.


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